Quando ci si immerge in una sfida, arrivando in profondità e dando tutto se stessi, nella risalita bisogna fare una sosta di decompressione. Ecco che queste tre settimane dalla conclusione del Festival della Resilienza 2017 sono state necessarie per riprendere fiato dopo un’apnea talmente adrenalinica che la fiumana di resilienti, arrivati a Macomer quest’anno, è ancora protagonista dei miei sogni di queste ultime notti (per inciso non mi sveglio sudato ma con un bel sorriso in faccia).
E’ stato un percorso lungo un anno, con migliaia di ore investite nella progettazione di #Resilienza17. Superata la triangolazione impossibile dei primi due anni sull’asse Sardegna-Pisa-Roma-Pechino (grazie al rientro in patria dei propositivi migrati nel lontano oriente), la base organizzativa si è ricalibrata all’interno dei confini nostrani. Mantenendo Macomer come fulcro progettuale, Nuoro, Roma, Milano e Verscio (Canton Ticino) sono diventati i nostri nuovi punti cardinali. Un assetto geografico comunque complesso ma in cui almeno l’organizzazione di una chiamata su skype non era vincolata dal fuso orario.
Grazie alla sperimentazione del 2016, il gruppo di ProPositivo si è allargato, vedendo confluire al suo interno persone motivate e professionalità variegate. Sardi, abruzzesi, romani, siciliani, piemontesi; esperti di economia, sociologia, giornalismo, teatro, arti visive. Un ricco patrimonio umano e di competenze che ha permesso di ampliare il ragionamento sui processi di rigenerazione e sviluppo delle comunità locali, spingendo la ricerca verso l’incontro e la contaminazione tra il mondo della scienza sociale e quello dell’arte pubblica. Dal confronto è infatti maturata la consapevolezza che per far crescere l’intelligenza collettiva di un territorio sia necessario stimolarne sia l’emisfero logico-razionale che quello emotivo-creativo. Per questo all’interno di #Resilienza17 sono state organizzate una scuola estiva e una residenza artistica (meglio definita come ERA, esperienza di resilienza artistica), di modo da creare un ambiente multilinguistico in cui alle parole si integrassero numeri, suoni, colori, corpi e luoghi.
Il fascino della sfida, insieme alla continuità e alla crescita organizzativa, hanno dato importanti frutti su più livelli. Si è rafforzata la base operativa locale, con un gruppo di 20 volontari e una ampia rete di supporto comprendente il Comune di Macomer e di Nuoro, 2 proloco, 18 associazioni sportive e di volontariato, oltre 30 imprese. E’ aumentato il contributo di alcuni partner strategici come Sardegna Teatro, Sardegna Film Commission e La Stampa. Si sono create nuove relazioni sull’asse regionale (Fondazione di Sardegna), nazionale (Politecnico di Milano) e internazionale (Accademia Teatro Dimitri). E’ cresciuta l’attenzione mediatica, con articoli pubblicati sull’edizione stampata dell’Unione Sarda, de La Stampa e di Repubblica. Uno dei risultati più sbalorditivi è stata però la crescita del numero di persone, da varie parti d’Italia e del mondo, interessate a prendere parte all’esperienza: per la residenza artistica sono pervenute 74 candidature, più del triplo di quelle registrate nel 2016; per la prima edizione della summer school sulla rigenerazione territoriale, altri 27 aspiranti partecipanti.
Alla fine alla linea di partenza di #Resilienza17 si è presentato un gruppo di 70 resilienti: insieme al team organizzativo, 40 artisti e 15 innovatori. Una fiumana che ha vissuto 4 giorni di turismo esperenziale (in gergo propositivo, #Brainsurfing), muovendosi in carovana da Nuoro a Bosa, dal cuore della Sardegna alla sua costa occidentale. Un salto tra mare e montagna, in cui si sono intrecciati artigianato tradizionale e digitale, archeologia nuragica e industriale, innovazione e tradizione.
Questa esplorazione iniziale è stata fondamentale per creare un rapporto tra i partecipanti e scoprire il territorio su cui sono andati ad interagire. Da qui si è generato un moto continuo che dall’Istituto Madonna di Bonaria, casa delle suore salesiane diventata sede logistica del festival, si è propagato per le piazze e le strade di Macomer. Gli street artisti dialogando per trovare superfici da trasformare in tele. Gli innovatori intervistando la popolazione per studiare il tessuto sociale locale. Gli artisti visivi catturando sguardi e luoghi. I musicisti captando suoni e vibrazioni. I teatranti raccogliendo storie ed emozioni. Ogni partecipante è entrato in contatto con il territorio, singolarmente durante il giorno e insieme nel corso degli 8 eventi serali di cultura e intrattenimento, scoprendo i mille volti della comunità, i suoi limiti e le potenzialità. Il risultato è stato uno scambio incessante, materializzatosi poi in uno spettacolo di due ore nel centro storico della città con contributi fotografici e audiovisivi, in 11 murales di grande pregio artistico, in decine di questionari da cui scaturirà un articolo scientifico, in centinaia di relazioni con cui alimentare la comunità dei futuri Festival della Resilienza. Da tale patrimonio professionale e sociale si è così generato sul territorio un indotto economico superiore ai 25.000€ tra vitto, alloggio e trasporto dei partecipanti, materiali e supporto tecnico per gli eventi, consumi nelle diverse attività culturali e commerciali.
Naturalmente non sono mancati i problemi prima, durante e dopo il festival. Tra aspetti interpersonali, logistici e tecnici sono stati numerosi gli ostacoli incontrati lungo il cammino. Ognuno di essi ci ha però permesso di confrontarci con la complessità della vita e di capire che non dobbiamo abbassare il livello dei nostri obiettivi ma dobbiamo piuttosto alzare le ambizioni delle nostre comunità. Perché dopo tre anni di stimoli, i cittadini hanno iniziato a rispondere con entusiasmo e curiosità, fornendo aiuto quando ne avevamo bisogno, a dimostrazione che ci sono le qualità e le energie per affrontare le difficoltà e progettare insieme il futuro.
“#Resilienza17 is over” ma il suo patrimonio è destinato a durare nel tempo. Almeno fino a Resilienza 2018.