La necessità di essere ProPositivo

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Poco più di un anno fa, quando decidemmo di dar vita ad un blog non avevamo idea di dove iniziare. Di un unica cosa eravamo certi: sapevamo di voler trovare un modo di comunicare quanto fosse di fondamentale importanza parteggiare verso un inversione di tendenze, un cambio di approccio alla base del confronto politico. Tra scandali e il ripetersi ciclico delle stesse dinamiche da decenni ci pare di esser ancora più impotenti contro la morsa della crisi; tra sterili analisi politiche passate, sfiducia e un indifferenza mista a indignazione, ci lasciamo sfuggire, come acqua tra le mani, le grandi opportunità di ribalta sia personali che collettive.

“Se un dente ci fa tanto male, andiamo a farcelo togliere. Al momento stiamo pure peggio, ma poi: il sollievo. Forse è il momento di andare dal ‘dentista’ della società civile. (…) La negatività fa male a tutti, sia chi la esprime che chi la vive: il lamentarci serve se è il primo passo per poi fare una lista di azioni da iniziare subito, quelle necessarie per risolvere i problemi. In caso contrario espande la sensazione di impotenza generale, e moltiplica se stessa. Per riuscire a lamentarci confrontiamo quel che vediamo nel mondo con la nostra idea di come dovrebbe essere: un’insoddisfazione perenne fa di noi umani persone creative e innovative, se dal lamento passiamo all’azione.” (L.Scarpa “Contro le diseguaglianze, la matematica della felicità generale” )

E’ importante sottolineare quel SE. Se dal lamento passiamo all’azione allora possiamo apprendere ed essere stimolati da uno stato di crisi, ma se questa possibilità di passare all’azione non ci fosse, o per lo meno non fosse così scontata, cosa accadrebbe? Accadrebbe proprio ciò che accade ai nostri giorni, nella società contemporanea. Una spersonalizzazione di massa e un individualismo crescente, la perdita del senso della comunità, un collante ormai sfilacciato dal distacco sempre maggiore tra i mondi da noi percepiti come “vicini” e come “lontani”, sfere con la quale abbiamo la possibilità di interagire perché vicine a noi, oppure con la quale non abbiamo rapporti diretti perché troppo lontane e inarrivabili. Per esempio, concentrati su problemi globali, troppo grandi e inarrivabili perdiamo di vista quelli locali con il quale possiamo fare la differenza. Veniamo informati in tempo reale di avvenimenti dall’altra parte del mondo ed in un certo modo ci sentiamo coinvolti o responsabili. Questo sovraccarico di informazioni non relazionate tra loro nel contesto, nel tempo e nello spazio ci portano a sviluppare una sorta di callo, un anestesia sulla gran parte dei fatti, che ci vedono indirettamente come indegni protagonisti di epiche vicende quotidiane, come le goliardiche abbuffate e risate durante un telegiornale che, all’ora di cena, annuncia la morte di centinaia di persone in Afghanistan. Ci viene chiesto di sviluppare un idea, prendere posizione, discutere su temi realmente spesso fuori dalla nostra portata, che condizionano si la nostra vita, ma con il quale non possiamo interagire direttamente. Con la globalizzazione, il crescente divario tra mondo vicino e mondo lontano evidenziato da Luhmann ci disorienta come pesci nel deserto e contribuisce ad aumentare un senso di impotenza diffuso, il quale misto alla sfiducia nella classe dirigente, porta ad un allontanamento degli individui dalla politica e le istituzioni, dallo stato e la società civile, porta la rassegnazione anche dei cuori più indignati.

Proprio perché trovare quella possibilità di trasformare il lamento in azione non è poi così scontata ne banale. E’ per questo che il blog ha preso il nome di ProPositivo, perché si pone come obbiettivo quello di raccontare la propositività della società, quella celata, quella che non fa notizia, quella che parla di un mondo che funziona, di esempi concreti. Quella che infonde speranza e fiducia nella politica dei piccoli gesti, delle associazioni, dei movimenti e dei comuni virtuosi che stanno facendo la differenza. Ogni articolo partirà infatti dall’analisi di un problema solo in vista di considerarne un alternativa. Ogni critica dovrà condurre ad una proposta, ogni problema ad una soluzione o un esempio da seguire, in vista dell’ambizioso obbiettivo di sfatare il deprimente ritratto dipinto dalla nostra opinione pubblica e classe dirigente, come un meccanico che se la prende con i dossi che hanno fatto uscire di strada la macchina e si dimentica che ha una macchina da aggiustare.

Per quanto dura, creare un tipo di approccio maggiormente propositivo non è una necessità puramente sociale, ma fisiologica. L’essere propositivi non è infatti qualcosa che dobbiamo acquisire, ma qualcosa che dobbiamo recuperare in quanto caratteristica fondamentale dell’evoluzione umana, e comporta un grande sforzo personale e collettivo, soprattutto per una società che non ha neanche più l’abitudine di camminare e fare le scale per il troppo sforzo.

“30 minuti di lamentele spengono i neuroni dell’ippocampo, area coinvolta nella nella soluzione dei problemi” Essere propositivi è quindi una basilare tattica di sopravvivenza che stiamo perdendo.

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