Il PIL fu ideato da Kuznet nel 1934, già da allora era chiaro un concetto fondamentale espresso al Congresso Americano: “Il benessere di una nazione (…) non può essere facilmente desunto da un indice del reddito nazionale”. Basta a guardare al Giappone che in seguito al disastro di Fukushima vede il suo PIL crescere durante la ricostruzione. “I soldi non fanno la felicità” insomma, un detto familiare al mondo delle fiabe ma non altrettanto a quello dell’economia. Il proverbio ha finalmente assunto valore anche al livello economico in un passaggio fondamentale 20 anni fa, quando Amartya Sen e l’UNDP presentarono l’Indice di Sviluppo Umano che sanciva l’era della multidimensionalità dello sviluppo. L’ISU combinava allora e combina tuttora, solo con qualche lieve modifica, un insieme di indicatori relativi al reddito, dalla salute e all’educazione, nella creazione di un indicatore composito.
Ora son invece numerosi gli indicatori di benessere:
L’Indice di sviluppo umano (ISU)
In precedenza, veniva utilizzato soltanto il PIL, indicatore di sviluppo macroeconomico che rappresenta il valore monetario dei beni e dei servizi prodotti in un anno su un determinato territorio nazionale e che si basa quindi esclusivamente sulla crescita e non tiene conto del capitale (soprattutto naturale) che viene perso nei processi di crescita. Questi parametri misurano esclusivamente il valore economico totale o una distribuzione media del reddito. (…) Si cercò quindi, attraverso l’Indice di sviluppo umano, di tener conto di differenti fattori oltre al PIL procapite, che non potevano essere detenuti in modo massiccio da un singolo individuo, come l’alfabetizzazione e la speranza di vita.
Un indice che considera la parità di opportunità tra generi all’interno dei diversi paesi del mondo. Sul podio troviamo Svezia, Olanda e Danimarca, e tra gli ultimi posti Afghanistan, Liberia e Sierra Leone. L’Italia si trova al 15° posto nel mondo.
Basic capabilities index (BCI)
Questo indicatore compara e classifica le diverse nazioni in base al loro grado di sviluppo sociale, valutando le diverse realtà in termini di “capacità minime di base” (minimum basic capabilities), una condizione sociale indispensabile a garantire un’adeguata qualità di vita.
Global peace index (GPI)
In questo link troverete il GPI (Indice di pace globale), con le classiche e grafici. L’Italia si trova al 34° posto nel mondo, Islanda e Danimarca dominano la classifica, mentre gli USA si collocano in 100° posizione su 162 paesi. Troverete inoltre il Terrorism Index, l’ US peace index e il UK peace index.
Ecological Footprint index (Impronta ecologica)
Nel 2007, le persone hanno sfruttato l’equivalente di 1,5 pianeti per sostenere la loro produzione. L’impronta ecologica misura l’area di provvigione di risorse rinnovabili, dall’impatto delle infrastrutture ai requisiti minimi di riduzione delle emissioni nocive. Il LEED (The Leadership in Energy and Environmental Design) è invece il sistema statunitense di classificazione dell’efficienza energetica e dell’impronta ecologica degli edifici.
L’HPI è il primo indicatore che combina l’impatto ambientale con il benessere per misurare l’efficienza relativa con cui ciascun paese garantisce una vita lunga e felice. Calcolato per 168 paesi, l’indicatore rapporta aspetti fondamentali dello sviluppo umano, come l’aspettativa di vita e la soddisfazione con l’impronta ecologica, ponderando così il livello di benessere raggiunto per il costo-opportunità in termini ambientali. I paesi nella prima parte della classifica non sono i più felici, bensì esempi di buona pratica sulla possibilità di raggiungere buoni livelli di benessere rispettando i diritti e l’ambiente.
Libertà di Stampa
Classifica Mondiale del 2013 stilata da RSF (Reporter senza frontiere) che considera 179 paesi. In testa Finlandia, Olanda e Norvegia mentre l’Italia si trova in 57° posizione, in salita rispetto all’anno scorso.
Si tratta dell’Indice di qualità dello sviluppo regionale. In questo PDF vi è il calcolo operato in italia nel 2010 con rispettiva mappa. I frameworks teorici del QUARS sono sette: ambiente, Economia e Lavoro, Salute, Istruzione e Cultura, Diritti e Cittadinanza, Pari opportunità, Partecipazione.
BIL (Benessere Interno Lordo) & FIL (Felicità Interna Lorda)
*Classifica BIL delle provincie italiane stilata dal Sole 24 Ore. Considera: Condizioni di vita materiali, salute, istruzione, attività personale, partecipazione alla vita politica, rapporti sociali, ambiente, insicurezza economica e fisica.
Il BIL non si pone di sostituire il PIL ma di affiancarlo nel tentativo di descrivere il reale benessere delle nazioni. Accade spesso che paesi con un PIL altissimo si trovino ad avere un BIL basso, per esempio la Cina e gli USA. Non essendo costretti a rispettare i limiti di emissioni imposti dal patto di Kyoto possono permettersi di produrre non curandosi dell’inquinamento. La crescita della produzione porta una crescita di PIL, ma allo stesso tempo una crescita dell’inquinamento porta una decrescita nel BIL.
…sono convinto che il fine della nostra vita è quello di superare la sofferenza e di raggiungere la felicità. Per felicità però non intendo solamente il piacere effimero che deriva esclusivamente dai piaceri materiali. Penso ad una felicità duratura che si raggiunge da una completa trasformazione della mente e che può essere ottenuta coltivando la compassione, la pazienza e la saggezza. Allo stesso tempo, a livello nazionale e mondiale abbiamo bisogno di un sistema economico che ci aiuti a perseguire la vera felicità. Il fine dello sviluppo economico dovrebbe essere quello di facilitare e di non ostacolare il raggiungimento della felicità. Dalai Lama