Un patto locale per uno sviluppo sostenibile.

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L’evoluzione recente del settore energetico, specialmente per quanto riguarda la generazione distribuita mediante tecnologie energetiche sostenibili, ha tracciato una rotta già seguita da molti comuni europei: le politiche comunali di “efficientamento” e risparmio energetico.

1) ENERGIA, QUANTO CI COSTA?

Con l’aumento continuo dei livelli di inquinamento, il tema dell’energia è divenuto certamente uno dei più sentiti a livello globale; particolarmente in Europa, a causa della totale assenza di risorse combustibili fossili e nucleari. Tra le nazioni costituenti l’Unione Europea, quella che possiede meno risorse energetiche in proporzione al suo fabbisogno è l’Italia, costretta dunque ad importare l’energia elettrica e/o i combustibili da altri paesi. Tutto ciò determina un costo del Kwh (Kilowattora) tra i più alti in europa, specialmente in Sardegna dove tali costi raggiungono i valori massimi. Secondo l’ultimo rapporto della commissione europea per esempio, in Sardegna i cittadini e le imprese pagano l’energia elettrica il 70% in più rispetto al costo medio del Kwh europeo. [1]

2) QUALE ENERGIA?

La direttiva europea 2009/28 sulle energie rinnovabili ha fissato obiettivi vincolanti per l’uso di queste fonti energetiche, che dovranno coprire entro il 2020 una quota del 20% del fabbisogno totale dell’Unione europea, riducendo contemporaneamente del 20% anche le emissioni di CO2. Questi elementi ci possono aiutare a comprendere come la necessità di uno sviluppo attraverso l’utilizzo razionale delle tecnologie energetiche “sostenibili” sia fondamentale per lo sviluppo energetico sardo, sia in termini di costi, che di salute. [2, 3]

3) COSA POSSONO FARE I COMUNI?

A questo punto una domanda sorge spontanea: i comuni cosa c’entrano in tutto questo? Cosa possono fare? Il punto cruciale è che l’efficientamento energetico parte proprio dai comuni, sopratutto se si considera che l’80% dei consumi energetici e delle emissioni di CO2 è associato proprio alle attività urbane (sia civili che industriali). Perchè dunque non iniziare a portare anche noi un piccolo contributo verso questa crescita? [4]Molti comuni ad oggi tracciano la rotta da seguire. Facciamo alcuni esempi:

  • Napoli ha recentemete approvato il piano di riduzione delle emissioni, che prevede l’installazione di 42 impianti fotovoltaici nelle scuole. [5]

  • A Roma, qualche settimana fa, è stato firmato l’accordo con le comunità ed enti montani “per l’individuazione e realizzazione di attività legate al risparmio e all’efficienza nei comuni montani aderenti”. Mediante gli stessi interventi di efficientamento, riguardanti in particolare l’illuminazione pubblica, oltre 1.600 comuni hanno apportato un risparmio energetico enorme, con un conseguente abbattimento delle emissioni di CO2 di ben 16.700 tonnellate. [6]

  • Recentemente un progetto europeo (Med zeroCO2) che ha coinvolto 13 piccoli comuni, di cui 3 in provincia di Massa, ha apportato un significativo efficientamento energetico degli stessi per una riduzione complessiva di 380 tonnellate di CO2. Per il presidente di Legambiente Toscana, Fausto Ferruzza, “mitigare i cambiamenti climatici non è una sfida impossibile, e i piccoli comuni del progetto Med zeroCO2 ce lo hanno dimostrato, diventando modelli virtuosi nel risparmio energetico [..] Non sono necessari grandi interventi infrastrutturali – conclude – ma è fondamentale una buona politica di efficienza energetica e sviluppo delle fonti pulite”. [7]

  • A Quartu Sant’Elena, in Sardegna, un’amministrazione comunale coraggiosa e fortemente impegnata sulle tematiche energetico-ambientali, ha aderito nel 2011 al “Patto dei Sindaci” intraprendendo così il percorso che deve obbligatoriamente portare in tempi brevi alla preparazione e all’adozione di uno specifico Piano di Azione per l’Energia Sostenibile (PAES). Il PAES è una componente chiave nell’impegno della città verso una strategia programmatica e operativa di risparmio energetico, perché permette di valutare il livello di consumo di energia e di emissioni di CO2, gli eventuali campi di intervento e i settori d’azione, contribuendo a mettere in opera le politiche e i programmi necessari per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni. Migliorare l’efficienza energetica di una città significa intervenire sugli edifici esistenti, sull’illuminazione pubblica, sulla mobilità, sulla densità urbana e sul modo in cui l’energia viene utilizzata, oltre ad aumentare la quantità di energia prodotta localmente da fonti rinnovabili.

    [8, 9, 10, 11]

Non trascuriamo inoltre la visibilità che tali opere comporterebbero, faccio un esempio:

  • Prato allo Stelvio, un piccolo comune di 3000 abitanti situato nella Val Venosta, oggi è ampiamente pubblicizzato su innumerevoli blog, grazie alla vittoria conseguita nella competizione energetica europea RES, riuscendo addirittura a generare più energia di quella richiesta dal comune stesso. [11]

Facciamo qualche esempio concreto anche di un piccolo comune che magari è intenzionato ad un sviluppo sostenibile ma è convinto di non averne le risorse, considerando un piccolo paesino dell’entroterra sardo come Macomer in relazione al fotovoltaico. Sapete che, considerando le attuali tecnologie, sarebbero sufficienti circa 18 ettari (un’area quadrata avente un lato di quasi 450 m2) per soddisfare, per sempre, l’INTERO fabbisogno energetico domestico macomerese? Ovviamente non si tratta di un progetto reale, ma di un calcolo utile per mettere in luce le potenzialità di generazione energetica di cui disponiamo. Se solamente una piccola fetta di quella superficie, presente nei tetti degli edifici comunali, venisse “solarizzata” mediante moduli fotovoltaici e termici, il risparmio e il prestigio conseguenti sarebbero sotto gli occhi di tutti e non solo della nostra comunità. Perché dunque non iniziare a ragionare sulle possibilità che abbiamo per perseguire anche noi, nel nostro piccolo, quegli obbiettivi?

MD
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